
Nel Duomo di Siena, Bernardino Pinturicchio affresca, tra gli episodi dei Commentarii, l’assemblea di Mantova: convocata da Pio II nel 1459 con l’obiettivo di preparare una crociata contro gli Ottomani, progetto centrale del suo pontificato. Con la bolla Vocavit vos del 13 ottobre 1458, il papa convocò tutti i sovrani dell’Europa cristiana, fissando una riunione nella città dell’Italia settentrionale. In questa occasione avvenne l’incontro tra Piccolomini e Bianca Maria Visconti.
Enea fin dalle prime righe esprime l’ammirazione nei confronti della duchessa: è una donna di nobile spirito e di straordinaria saggezza:
magni animi et singularis prudentiae mulier, et cum ea nobilissima proles utriusque sexus.
Bianca è accompagnata a Mantova dai quattro figli maschi e dalla giovane figlia Ippolita, fanciulla dal volto e dai modi raffinati. Le due, accanto a Barbara Hohenzollern, il 27 maggio del 1459 attendono l’ingresso del papa in città, accompagnato da una processione. Nel giorno seguente, madre e figlia si recano a far visita al pontefice implorando grazie spirituali. In questa occasione è sorprendente come Ippolita prenda la parola recitando un’orazione latina che Enea reputa elegante e degna di lode, pur non trascrivendola nell’opera.
Nei capitoli successivi, i Commentarii si concentrano sulla descrizione dell’apertura del congresso di Mantova, ricordando il discorso pronunciato dal papa per incitare i principi alla crociata contro il nemico turco. La narrazione prosegue poi con la partenza di Bianca, la quale, soddisfatta di aver partecipato alla cerimonia, chiede la benedizione a Pio prima di fare ritorno a Milano con la sua famiglia.
Poche pagine dopo, Bianca è nuovamente citata; in questo caso però non è più una semplice spettatrice: Enea ricorda il suo ruolo attivo e il suo impegno militare nella lotta contro i Turchi. Questi, dopo aver preso il controllo di Costantinopoli e ucciso l’imperatore Costantino Paleologo, costrinsero i due fratelli del sovrano a rifugiarsi nel Peloponneso. Uno di essi, Tommaso, chiese supporto militare per contrastare l’invasore. In risposta, nel maggio del 1459, papa Pio II aveva disposto la predicazione della crociata a sostegno di Tommaso. Anche Bianca rispose a tale appello, finanziando l’arruolamento di trecento soldati. Sebbene la crociata non si realizzò mai, la coppia fece ritorno a Milano con la bolla di indulgenza consegnata da Pio II e destinata alla fondazione dell’Ospedale Maggiore di Milano.

È evidente il ruolo centrale di Bianca nelle dinamiche governative, seppur in maniera implicita. Infatti, dal 1441 Francesco Sforza aveva assunto la piena autorità politica e amministrativa e quando gli venne proposto, nel 1449, di divenire principe consorte, egli rifiutò. Bianca Maria Visconti fu quindi duchessa, ma senza responsabilità dirette. Tra il 1450 e il 1466 ebbe comunque la possibilità di esprimere pareri politici, coltivare rapporti con altri signori, come gli Este e i Gonzaga, e corrispondenze con consiglieri e ambasciatori. Nel 1466, però, le venne conferito l’incarico ufficiale di signora di Cremona, fino al 1468, anno della sua morte.
Formalmente, dunque, Bianca non ha detenuto il potere ma l’intelligenza della donna risiede nella capacità di trovare il modo di esercitarlo, anche se indirettamente, attraverso le pratiche clientelari e il patronage.
Inoltre, durante il governo di Francesco Sforza, Bianca ebbe occasione di assumere temporaneamente la reggenza dello Stato in più occasioni: quando il marito era impegnato in guerra tra il 1452 fino al 1454 e durante la sua malattia tra il 1461 e il 1462.
PICCOLOMINI, Commentarii: Libro II, cap. XLIV; Libro III, cap. I, III.