Madama Lucrezia, Roma, Piazza San Marco.

Lucrezia d’Alagno, amante del re di Napoli, è una delle figure a cui sono riservati i giudizi più aspri del pontefice.

Il primo aggettivo utilizzato da Piccolomini nella presentazione di Lucrezia è speciosa mulier. L’autore mette quindi in risalto la sua bellezza che riveste qui un duplice significato: da un lato, è percepita come un valore positivo e una qualità della donna; dall’altro, acquisisce una connotazione negativa, in quanto la seduzione femminile ha determinato una forma di sottomissione del potere del re. Infatti, la straordinaria bellezza di Lucrezia attirò l’attenzione di Alfonso V d’Aragona che se ne innamorò perdutamente e, nonostante fosse sposato con Maria di Castiglia, intrattenne una relazione pubblica con l’amante.

Francesco Laurana, La parte centrale del fregio col trionfo di Alfonso d’Aragona nell’arco monumentale d’accesso a Castel Nuovo – nell’unica figura femminile si è proposto di riconoscere Madama Lucrezia d’Alagno ritratta nell’aspetto della ninfa Partenope, 1458. Castel Nuovo, Napoli.

Lucrezia esercitò una notevole influenza nella corte napoletana, divenendo una figura centrale nella sfera sia politica che culturale del regno. Nei Commentarii tale dinamica viene approfondita in modo significativo poiché l’autore sottolinea il ruolo della donna nelle questioni politiche legate alla guerra condotta dal Piccinino contro i Senesi, conflitto al quale partecipò anche Alfonso d’Aragona. I negoziati tra le due fazioni, infatti, si svolgevano in funzione della posizione geografica di Lucrezia, che aveva un ruolo cruciale anche nei processi decisionali.

Juan Vicente Macip, Ritratto di Alfonso V d’Aragona, 1557 circa, Museo di Saragozza.

Piccolomini descrive l’atteggiamento remissivo e succube del re: durante le conversazioni con Lucrezia, Alfonso era completamente assorto dalle sue parole e si lasciava facilmente influenzare dalla donna non solo per la sua bellezza, ma anche per la sua intelligenza, riconoscendola come la regina della sua corte.

Vinctus amore, quasi captivus muliericulae serviebat, scrive Enea nei Commentarii, evidentemente inasprito dalla capacità di un sovrano di lasciarsi sottomettere da una giovane donna ritenuta debole. Per questo motivo, la stima che Piccolomini provava nei confronti di Alfonso vacilla tanto da definirlo folle.

Tutt’al più Lucrezia, secondo quanto si credeva, non avrebbe mai intrattenuto rapporti intimi con lui per conservare la sua verginità ma, una volta morto il re, si rifugiò nell’accampamento del nemico Jacopo Piccinino ed ebbe un figlio dal suo segretario.

A poche pagine dalla narrazione degli avvenimenti relativi la corte di Napoli, Pio II ricorda il periodo di elezione dei cardinali: tra i sei scelti compare lo zio di Lucrezia la cui nomina era stata chiesta da Alfonso per favorire la famiglia della sua amante o, per usare le parole del pontefice, per compiacere una mulierculae impudicae.

L’ostilità e il disprezzo di Piccolomini nei confronti di Lucrezia d’Alagno non vengono minimamente occultati dal pontefice; al contrario, tali sentimenti vengono manifestati in occasione dell’arrivo della donna a Roma. Ritenendo indecoroso il legame extraconiugale tra i due, il pontefice si astenne dal salutarla al suo arrivo nella città.

PICCOLOMINI, Commentarii: Libro I, cap. XXXI, XXXIII,XXXIV; Libro V, cap. XVII