Nei Commentarii la figura di Margherita d’Angiò è menzionata più volte: inizialmente Pio II si limita a descrivere gli eventi che la coinvolgono e a esprime giudizi in merito alle azioni compiute, successivamente la regina appare protagonista di alcuni capitoli dell’opera, al punto che Piccolomini le conferisce una voce riportando i suoi discorsi.

Pio II, intento nel portare avanti il suo progetto di lotta contro i Turchi, invia in Inghilterra il vescovo di Terni, Francesco, con lo scopo di chiedere aiuti per la crociata a Enrico VI; quest’ultimo si limitò ad inviare una misera legazione, costituita da due preti, guadagnandosi il disprezzo del papa. Il re viene presentato come vir muliere timidior, evidenziandone la poca virilità e la mancanza di capacità di governo, che aveva infatti affidato alla moglie Margherita. Il contesto in cui si svolgono gli eventi che coinvolgono Margherita è quello della guerra delle due rose: quella rossa dei Lancaster e quella bianca degli York.
Il potere nelle mani di una donna non era ben visto e accettato, al punto da suscitare fastidi tra i nemici del re. Tra questi, il conte di Warwick: era stato esiliato dalla corte per il suo disaccordo nel modo di governare il regno, sotto la guida di una donna. Egli nutriva, infatti, l’intento di impossessarsi del potere. A questo scopo, consultò il vescovo di Terni promettendogli di vendicare l’offesa subita dalla legazione inviata e il trattamento ricevuto dagli inglesi, sostenne inoltre di avere l’appoggio del duca di York, Riccardo, ed espresse il suo giudizio sulla figura del re e della regina:
Rex noster stupidus est et mentecaptus; regitur non regit. Apud uxorem et qui regis thalamum foedant imperium est.
Nel 1460, dunque, si consuma la battaglia di Northampton in cui il Enrico VI è fatto prigioniero e Margherita è costretta a scappare nel Galles con suo figlio. Durante la fuga, la donna non si rassegna alla sua condizione ed emerge l’ambizione e la tenacia che la contraddistinguono: raccoglie un nuovo esercito per liberare il marito a Londra, riesce nel suo intento, sconfigge e uccide il duca di York.
Nei Commentarii, Piccolomini, nel descrivere la sconfitta della regina, ne attribuisce la causa alla sua eccessiva superbia, che definisce muliebre, propria del genere femminile, e al desiderio di vendetta che la spinse a imporre dure condizioni ai londinesi e a condurre alla morte i nemici con troppa facilità. I cittadini si ribellarono al suo governo appoggiando Edoardo, figlio di Riccardo di York, il quale sconfisse la regina nella battaglia di Mortimer’s Cross nel 1461. Infine, con la disfatta dei Lancaster nella battaglia di Towton, il 29 marzo 1461, tutta l’Inghilterra si schierò con gli York, dichiarando Edoardo come re d’Inghilterra e costringendo Enrico e Margherita all’esilio in Scozia.
Nonostante la sconfitta, Margherita non si rassegna e tenta nuovamente di riconquistare il potere chiedendo aiuto a Luigi XI, re di Francia, difronte al quale pronuncia un’orazione che Pio II definisce virile. La regina descrive l’infelicità del suo matrimonio, avvenuto nel 1444, durante la Guerra dei Cent’anni, per giungere ad una tregua tra Inghilterra e Francia:
In candelae morem exusta sum dum aliis affero lucem. Gallica pax in me bellum transtulit.
La richiesta di Margherita prevede la concessione di diecimila soldati per sconfiggere Edoardo e tornare a governare l’Inghilterra. La donna cerca di persuadere il re ricordando il legame di parentela che li unisce e lo lusinga per imprese belliche paragonandolo a un eroe come Ercole. Inoltre, promette, in caso di vittoria, eterna alleanza tra l’Inghilterra e la Francia.
Pio II afferma che il discorso pronunciato ottenne l’esito desiderato e Margherita, determinata a riconquistare la corona, guidò i soldati in battaglia, incitandoli con una seconda orazione che Piccolomini le fa pronunciare mettendo in luce il coraggio della donna, disposta a combattere in prima linea contro il nemico. Il suo coraggio suscita stupore e l’ammirazione dell’esercito, tanto da paragonarla a Giovanna d’Arco.
In realtà, Margherita aveva ottenuto dal re di Francia duemila uomini con i quali giunge in Inghilterra nel marzo del 1463. Quattro mesi dopo Edoardo raggiunge l’esercito della rivale per combatterlo ma, prima che questo potesse accadere, l’esercito della regina si ritirò costringendo la donna al ritorno in Francia.
Il ritratto che Piccolomini traccia di Margherita d’Angiò appare ambivalente: da un lato, in linea con il pensiero dell’epoca, rifiuta il potere esercitato da una donna, mentre dall’altro ne loda le orazioni, mettendo in evidenza il coraggio e la determinazione nel difendere la sua causa.
PICCOLOMINI, Commentarii: Libro III, cap. XLI, XLII; Libro VI, cap. XIII; Libro IX, cap. X; Libro XI, cap VI.